(Una città in bilico fra passato e futuro che non dorme mai per la fretta di crescere)
Amo questa città. Di una bellezza che stravolge tutti i canoni classici.
Che stravolge me.
Perché è uscita dalla dittatura da pochi decenni. E si vede. Ma si percepisce anche una profonda energia che la pervade. Forse un desiderio di riscatto. O semplicemente una grande voglia di vivere. Liberamente. Di lavorare, di divertirsi. Ad ogni ora del giorno e della notte. E di crescere allo stesso ritmo del suo skyline.
La prima volta che l’ho vista e vissuta, due anni e mezzo fa, non è stato semplice.
Non l’arte e l’architettura, la cultura e il saper vivere di Parigi e Milano città che, in modi diversi, mi appartengono.
Neanche la Provenza in cui mi sento a casa o la Borgogna a cui mi legano affetti e un meraviglioso cielo stellato.
A Tirana i fili elettrici sono esposti e attraversano le vie, i marciapiedi sono sconnessi, la lingua ha suoni lontani anni luce dall’italiano e dal francese.
A dire la verità da tutte le altre lingue. Gli albanesi sostengono sia la più antica in Europa. E, forse forse, hanno ragione.
Eppure da Milano sono poco più di mille chilometri di distanza e la latitudine è quella della Puglia.
A Tirana, il concetto di coda non è contemplato e il traffico è caotico.
Rumori di clacson incessanti e vigili urbani che cercano, invano, di gestire il traffico con i loro fischietti e un continuo gesticolare.
Quando si chiama un radio taxi i tempi di attesa sono di libera interpretazione. Dieci minuti spesso diventano venti-trenta oppure subito. Allora devi uscire da casa di corsa perché ti chiamano al cellulare per dirti “Ma come, sono qui sotto che aspetto….hajde hajde” (vieni-vieni).
Eppure questa città ha un fascino magnetico come quello di uno sguardo bruciante da cui non ti puoi sottrarre. Al di là di tutto.
Tirana è come un amante instancabile, non ti da riposo ma ti dona energia. E gioia di vivere.
Il tempo è scandito da molte pause.
Ognuno decide le proprie.
La pausa pranzo non è necessariamente lunga e spesso si sceglie il cibo di strada che là è sempre una piacevole abitudine.
Infatti, c’è odore di cibo ovunque a Tirana. Di solito speziato e agrodolce. Si può mangiare a qualsiasi ora, di giorno e di notte.
Ci sono letteralmente centinaia di furrë-buke (panifici-pasticcerie) e il profumo di pane si diffonde intenso.
Questo è stato il primo profumo che ho sentito in città, una sorta di imprinting olfattivo che mi accompagna quando il pensiero corre là.
Anche se io mangerei sempre byrek, una pasta sfoglia calda, sottile e croccante che viene farcita con verdure o formaggio o carne.
Mi sono chiesta come mai ci siano così tanti panifici. La risposta, forse banale ma plausibile, è perché durante la dittatura sono stati in molti a patire la carenza di cibo.
La pausa caffè è d’obbligo, più volte nel corso di una giornata: io non ne bevo, non mi piace ma il thé è delizioso. In ogni caso, la pausa caffè dura di media una mezz’ora. Poi però si torna al lavoro, fino a tardi.
In effetti l’odore del caffè è pervasivo. Di solito gli italiani lo apprezzano molto pur trovandolo di un gusto più intenso rispetto al nostro.
I negozi sono sempre aperti, si può fare shopping e spesa al supermercato fino alle dieci di sera, talvolta fino a mezzanotte.
E la sera la città si trasforma.
L’atmosfera è vibrante: di luci, di vitalità, di persone, molte, che anche durante la settimana decidono di uscire.
A cena con la famiglia, fuori con gli amici.
La convivialità è importante e celebrata.
A Tirana ci sono loro, gli albanesi.
Un popolo che ancora sto imparando a conoscere e che amo.
Perché oltre le apparenze che possono sembrare aspre c’è una grande generosità e accoglienza. Un grande cuore. Ti chiedono e ti restituiscono rispetto. Gli albanesi sono fieri e di poche parole ma sono i fatti a parlare per loro.
Se hai amici, puoi stare certo di poter contare su di loro (“chiamami se hai bisogno, di giorno, di notte”)
E le donne, con le quali io sento una certa affinità, sono pacate e determinate. Ma all’occorrenza impetuose. Madri accoglienti a tratti severe, si dividono tra lavoro e famiglia. Ma potendo scegliere, scelgono quest’ultima. Perché la famiglia viene prima di tutto.
L’imprenditoria è in forte crescita e molto spesso gli imprenditori sono giovani, rispetto ai nostri criteri, brillanti, entusiasti. Capaci.
Questa lunga premessa era doverosa perché, in effetti, dell’Albania non si sa molto e spesso si sente parlare di essa attraverso luoghi comuni e negativi per i quali gli albanesi si dispiacciono.
Tornando agli odori di Tirana.
Quello del tabacco lo si sente di frequente per le strade, esce dai bar di giorno, lo senti nei locali di sera.
E’ un odore inusuale e a me suscita qualche piccolo e lontano ricordo che non riesco a collocare nel tempo. Sa di passato.
A Tirana sono molti e molto frequentati i mercati all’aperto di frutta, verdura, spezie.
Adoro fare la spesa lì per quanto il mio albanese sia assolutamente basico.
Ho riscoperto gli odori e i sapori della frutta, quella vera, sostanzialmente biologica, coltivata con quantità minime di antiparassitari.
E si vede, anche perché non è lucida e perfettamente pulita come siamo soliti trovare qui in Italia.
Pesche, albicocche, fragole, frutti di bosco emanano profumi delicati e hanno gusti pieni, rotondi.
Ho una vera passione per l’avocado che proprio in Albania ho imparato ad utilizzare in molte ricette che non siano solo insalate.
Ecco, in questi mercati ho acquistato i migliori avocado mai trovati altrove.
Invece l’odore delle spezie è intenso e pungente.
Le vendono a peso e spesso esse sono dei mix già preparati per cucinare carne o verdure o pesce. I nomi di queste spezie mi sono incomprensibili quindi per sceglierli vado assolutamente “a naso” e sinora ha funzionato bene così.
L’odore del cumino è dominante, insieme alla paprika che io amo affumicata. Si possono trovare infinite qualità differenti di pepe e poi ci sono i classici alloro, origano, rosmarino. Curry come se non ci fosse domani. E spezie mai viste. Sale rosa, che noi chiamiamo himalayano, che là viene normalmente usato per cucinare.
Odore di tappeti: questo è l’odore più strano per me da spiegare perché non lo sento solo quando passo accanto a negozi che li vendono o a moschee ma anche in luoghi dove apparentemente non ve ne sono.
L’80% della popolazione di Tirana (circa 800.000 abitanti, 2.000.000 in tutta l’Albania) è di fede musulmana mentre il rimanente 20% si divide fra cristiani ortodossi e cattolici. Questi ultimi in minoranza.
Tuttavia questo non riveste un particolare problema. Durante il periodo della dittatura non era lecito professare alcuna fede. Gli amici raccontano che ogni famiglia pregava segretamente in casa propria. La caduta del regime ha permesso a tutti e a ciascuno di tornare a professare la propria religione di appartenenza.
Anche per questa ragione, i matrimoni interreligiosi sono piuttosto comuni, con buona pace di tutti.
A proposito di religione: alcune amiche, scherzando, mi dicono che non bevendo io alcolici e non mangiando carne di maiale sarei pronta per convertirmi all’Islam e sarei una buona musulmana.
Non credo accadrà ma la curiosità di entrare in una moschea ce l’ho.
In casa, il mio tempo personale è scandito anche dal salmodiare del muezzin di un minareto vicino. Oltre che dal suono delle campane di una chiesa ortodossa. E questa alternanza di suoni mi affascina ogni volta.
Quando si parla di composizione di un profumo spesso i creatori fanno un parallelismo con la composizione musicale.
Traslato in questo contesto, il connubio odori-suoni è potente.
A me è successo così.
Uno dei primi giorni trascorsi in Albania, un caro amico ci ha accompagnati a Kruja, una città storica che si trova fra Tirana e Durazzo, a visitare il Castello. Esso si trova in cima ad una collina, che ospita il Museo Nazionale Skanderbeg. Poco prima avevamo attraversato la cittadella con il suo famoso bazar.
Il mio naso era impregnato di odori antichi: di legno, di metalli. E all’interno del Castello le stanze odoravano di tappeti ed arazzi.
Ad un certo punto, era mezzogiorno, tutto e tutti si sono fermati al salmodiare del muezzin di un minareto vicino. Il suono era così forte e in quel momento si è creata per me questa connessione olfattiva-uditiva.
Ed è ancora intatta: si riattiva ogni volta che sento questi odori o quando sento quegli inviti alla preghiera.
Inutile aggiungere che l’emozione è sempre intensa e rassicurante al tempo stesso. Insomma, profumano di casa.