Recettori olfattivi cutanei e nuove frontiere terapeutiche
C’è qualcosa di profondamente poetico nell’idea che la pelle possa “sentire” un profumo. Eppure, oggi non è più solo poesia: è fisiologia. Studi sempre più raffinati hanno dimostrato che i recettori olfattivi – molecole un tempo considerate esclusive della mucosa nasale – sono espressi anche nella pelle, dove non solo percepiscono stimoli odorosi, ma guidano risposte biologiche complesse: dalla rigenerazione cellulare alla produzione di collagene, dalla regolazione della melanina alla risposta infiammatoria.
Il profumo, dunque, non è più solo evocazione. Esso è anche linguaggio biochimico. È informazione viva, capace di attraversare la barriera dell’epidermide e dialogare con ciò che ci abita più intimamente.
Studi recenti (2022 – 2025)
Comunicazione chimica tra molecole odorose e pelle
Negli ultimi anni, la ricerca ha messo in luce come la pelle sia in grado non solo di percepire odori, ma di rispondere biologicamente agli stimoli olfattivi. Alcuni recettori, come OR2AT4, sono stati individuati nei cheratinociti, le cellule principali dell’epidermide, dove sembrano favorire la rigenerazione della pelle, stimolando la migrazione cellulare e la riparazione dei tessuti danneggiati. Tali risposte non sono casuali: derivano da meccanismi molecolari complessi, in cui i segnali odorosi attivano vere e proprie vie intracellulari che coinvolgono secondi messaggeri come il calcio e le MAP-chinasi.
Un altro recettore, OR10A6, ha attirato l’attenzione degli scienziati per il suo ruolo nella formazione della barriera protettiva cutanea. La sua attivazione favorisce infatti la produzione di proteine strutturali responsabili della cheratinizzazione, ovvero il processo attraverso cui la pelle si fortifica e si difende dall’ambiente esterno.
Questi dati suggeriscono che ogni molecola odorosa applicata sulla pelle non si limita a “profumare”, ma entra in una rete di segnali, alcuni dei quali ancora da decifrare, che potenzialmente modulano infiammazione, pigmentazione e persino la risposta immunitaria locale.
Profumo e ambiente cutaneo: lo studio del 2025
Nel 2025 uno studio pubblicato ha esplorato una nuova frontiera: l’interazione tra le molecole odorose e l’”aura chimica” della pelle, ovvero l’insieme dei composti volatili che naturalmente emettiamo. I risultati sono sorprendenti: l’applicazione di fragranze altera questa composizione invisibile, modificando le reazioni di ossidazione del sebo e interferendo con l’equilibrio del microbiota cutaneo.
In parole semplici, i profumi non restano in superficie, ma interagiscono con “la chimica personale della pelle”, trasformandone le caratteristiche in modo unico per ciascun individuo. Questo apre domande rilevanti in campo cosmetico, ma anche terapeutico: quali fragranze promuovono l’equilibrio cutaneo? Quali, al contrario, lo alterano o lo stressano? E come possiamo formulare prodotti più “compatibili” con la biologia della pelle?
Tornando con il pensiero ai primi esami di psicologia, in particolare di neurobiologia, anatomia e fisiologia del sistema nervoso, ho ricordato che alla base delle nostre funzioni più sottili si nasconde un segreto straordinario: cervello e pelle derivano dallo stesso foglietto embrionale, l’ectoderma. Durante la terza settimana di sviluppo, l’ectoderma si divide in neuroectoderma (che darà origine al sistema nervoso) e ectoderma di superficie (che formerà la pelle). Questa origine comune spiega la complessa rete di segnali tra pelle e sistema nervoso.
Il concetto di pelle come organo sensoriale è quindi fondato non solo sulla percezione tattile, ma anche sull’attività chimico-recettoriale, come dimostrano i recettori olfattivi cutanei.
Anche la psicoanalisi ha saputo cogliere questa connessione. Ben prima della scienza molecolare. Il concetto di Io-pelle, formulato da Didier Anzieu, considera la pelle come una struttura simbolica: un confine tra il soggetto e il mondo, un involucro dell’identità. Per Anzieu, la pelle non è solo protezione fisica, ma anche contenitore dell’apparato psichico. Essa funge da “matrice sensoriale dell’Io”, un luogo dove le percezioni si strutturano in significati, e dove l’esperienza sensoriale si fa esperienza di sé.
Anzieu individua nell’Io-pelle il primo confine tra dentro e fuori, tra il sé e l’altro, tra ciò che protegge e ciò che permette il contatto. L’integrità della pelle corrisponde, nel suo modello, all’integrità dell’Io: una pelle ferita o non contenitiva rispecchia, simbolicamente, una soggettività esposta, vulnerabile. Quando il profumo attraversa questo confine, si insinua in una zona di dialogo sensoriale e inconscio, evocando memorie primitive e affetti precoci.
In questa visione, l’uso di un profumo diventa una forma di scrittura cutanea, un modo per raccontare senza parole chi siamo, chi vogliamo essere, o chi cerchiamo. L’odore si imprime nel ricordo e, come una cicatrice invisibile, può raccontare traumi o desideri, rifiuti o passioni. L’inconscio olfattivo è tra i più antichi e meno filtrati: non passa dal linguaggio, non ha bisogno di simbolizzazione. Per questo è così potente, e per questo la pelle, luogo privilegiato della sua ricezione, è tanto significativa nella clinica psicoanalitica.
Infine: “L’ho sentito a pelle.”
Questa espressione così quotidiana, così spontanea, forse cela una verità più profonda di quanto immaginiamo. Sentire a pelle non è solo intuizione: è percezione corporea, reazione emozionale, risonanza sensoriale e psichica. La pelle, con i suoi recettori olfattivi e con la sua memoria arcaica, è il primo luogo in cui il mondo ci tocca. È soglia, confine, e nello stesso tempo antenna.
Sentire a pelle significa cogliere l’invisibile. Riconoscere, attraverso il tatto sottile dell’olfatto cutaneo, ciò che è buono per noi, ciò che ci appartiene, ciò che ci turba. Non servono parole: bastano molecole. Non serve il pensiero: basta un profumo, una vibrazione impercettibile, un ricordo incarnato.
Forse è per questo che il profumo non si porta solo per piacere o seduzione. Si porta per protezione, per ancoraggio, per identità. Come se fosse una seconda pelle che parla al nostro Io più profondo.
E così, in un gesto tanto semplice quanto carico di significato, indossare un profumo diventa un atto di conoscenza di sé, di ascolto, di presenza. Perché a volte, la pelle sa prima del cuore. Sa prima della mente. Sa tutto di noi.
E poi c’è quel misterioso istante in cui “sentiamo l’altro a pelle”. Un incontro epidermico, che sfiora il confine tra pelle e psiche.
Un’attrazione che precede ogni parola, ogni logica, ogni storia. A volte, quell’impressione leggera, quell’odore impercettibile, quel calore avvertito in prossimità dell’altro, dice già tutto. Parla di affinità, di riconoscimento, di desiderio. Di un contatto che non ha ancora avuto luogo, ma che la pelle ha già accolto.
E quando diciamo “l’ho sentito a pelle”, forse stiamo solo dicendo la verità.