A Fès, Marocco

da

Questo è un articolo completamente differente dagli altri perché l’olfatto, gli odori e i profumi lo abitano, sì, ma in seconda battuta.

In primo piano ci sono gli incontri e le emozioni di una missione con finalità educative che ho compiuto in Marocco, a Fès, insieme ad un gruppo di professionisti, per conto di un ente governativo francese.

E poiché  questa missione ha rappresentato un momento importante per la mia professione e la mia vita personale ho pensato di condividerla. Insieme agli odori e ai profumi di questa terra.

Il verbo “partager ” (condividere)  è quello che più di tutti ho sentito e pronunciato io stessa  in quei cinque infiniti, impegnativi, stancanti, meravigliosi giorni.

 L’ Association Marocaine d’Aides aux Enfants en Situation Précaire (l’Associazione Marocchina di Aiuto ai Bambini in Situazioni Precarie – AMESIP) ha organizzato per il secondo anno “l’Olive au Coeur”,  Festival artistico e culinario che, quest’anno,  aveva come obiettivo quello di coinvolgere i giovani del Centre Kan Ya Makan Rdda  affinché potessero esprimere se stessi, il loro saper fare e il loro potenziale. Lo scopo era ed è quello di rendere più dinamica la vita culturale di Fès e di incanalare giovani a rischio in dinamiche professionali e di vita costruttive per loro stessi e per la comunità in cui vivono.

E così dal 14 al 18 novembre, il nostro gruppo si è trovato a operare  negli stessi contesti ma con modalità differenti, a seconda delle proprie competenze.

Un chimico e docente universitario, uno storico e filosofo, due chef, psicologi e psicoterapeuti  fra i quali  io e una collega.

Abbiamo tenuto lezioni in Università a Fès  alla  FST (Facoltà di Scienze e Tecniche). Ci è stato spiegato che non è frequente che questo avvenga nelle università pubbliche dove gli studenti  pagano solo una quota simbolica poiché le loro famiglie non sono in grado di sostenerli economicamente.

Per quanto mi riguarda il tema della conferenza era l’impatto della dieta mediterranea  sulla salute mentale, in particolare rispetto alla prevenzione di disturbi depressivi. Con riferimenti simbolico-religiosi e culturali.

Questa è stata solo una parte. Altre sono state le attività nelle quali siamo stati coinvolti. Abbiamo visitato il Centro, parlato con i responsabili, compreso le complessità che questo fare comporta quotidianamente, per tutti.

Abbiamo incontrato i ragazzi e  assistito ai loro spettacoli circensi e culinari.

Il livello di preparazione è decisamente alto. Dopo il diploma, molti di questi ragazzi affrontano  le selezioni per entrare al Cirque du Soleil, mentre gli aspiranti chef trovano un’occupazione nel settore con una percentuale impressionante pari al 100%.

Purtroppo lo scorso anno c’è stato un terremoto devastante che ha coinvolto diverse zone del Marocco. Ci hanno raccontato in modo estensivo  i dettagli, le problematiche relative alla fornitura di  acqua e luce, alle famiglie che hanno perso quel poco che avevano.  L’associazione ha creato una casa famiglia, non lontano da Marrakesh,  per accogliere i bambini rimasti orfani o con un solo genitore non in grado di occuparsi di loro.

L’argomento è complesso, delicato e meriterebbe un approfondimento a parte.

Tornando all’esperienza è  stato bello trovarsi in un gruppo di lavoro, al quale io mi sono aggiunta solo quest’anno, in cui c’è stata un’intesa non scontata.

Ricordo le nostre trasferte quotidiane su un minibus-furgoncino dell’associazione  che ci accompagnava da un luogo all’altro, da un incontro all’altro. In quei tragitti ognuno di noi era immerso nei propri pensieri: chi ascoltava musica, chi cercava di riposare un pò, chi  guardava questa parte di Africa, scorrere davanti agli occhi. Segni inequivocabili di povertà ma anche di modernità in città. Appena fuori, case povere, sparse qua e là. Una terra incredibilmente rossa, territori immensi  in cui la presenza umana e animale era esigua. E triste, solitaria. Povera, da ogni punto di vista.

 Ma la luce era semplicemente meravigliosa.  Una luce che, a parole, non riesco bene a descrivere. E questo è inusuale per me.

Ciascuno di noi, nel gruppo,  ha portato con sé la propria storia, i propri vissuti, a volte comunicati agli altri, in modo quasi sussurrato, altre no. Ma l’empatia è stata forte, pertanto spesso ci si capiva a sguardi, si leggeva la stanchezza sul volto degli altri e si percepiva la propria.

E poi le nostre cene al ryad in cui eravamo alloggiati. Il ristorante gastronomico ci ha fatto apprezzare la cucina marocchina,  molto speziata e agrodolce.

Queste cene a volte erano più formali, con i responsabili dell’organizzazione,  altre lo erano decisamente meno.

Ed è stato in quei momenti e nei tempi di riposo della missione che si è sentita l’anima del gruppo.

Ironica, divertente, riflessiva  e soprattutto autentica.  Stanca, anche. Solo a tratti malinconica.  Di una malinconia dolce.

Di aiuto reciproco, di comprensione dell’altro.

E’ stata un’esperienza ricca da un punto di vista umano e relazionale. Sono grata di questo e ringrazio l’organizzazione che mi ha invitata e  ciascuno dei miei compagni di missione. Senza i quali questa esperienza sarebbe potuta essere molto diversa.

Purtroppo non c’è stato tempo  per visite turistiche.

Ad eccezione di una sola  mattinata in cui siamo andati a visitare la famosa conceria all’aperto di Fès.

Ero curiosa, ne avevo letto.

Sapevo che gli odori sarebbero stati intensi ma non pensavo fino a quel punto.

All’entrata ci è stato consegnato una rametto di menta da mettere vicino al naso per tollerare meglio gli odori animali emanati dalle centinaia di  pelli nei lavatoi.

E’ stato interessante conoscere tutto il ciclo di lavorazione del pellame che viene condotto, dall’inizio alla fine,  con sostanze naturali.

E’ un luogo suggestivo e di questo se ne sono accorti anche il cinema e la televisione che hanno ambientato qui alcune scene di film o girato documentari su un luogo ritenuto storico.

E importante per l’economia locale.

Un altro prodotto che sostiene l’economia locale è l’olio di argan.

E io che amo gli olii per il corpo, non potevo non acquistarne.

Così, accompagnati da una guida che si è palesata a noi senza che l’avessimo richiesta, abbiamo attraversato la Medina per raggiungere la locale cooperativa femminile.

La Medina  è  la parte più antica di Fes ed è tra le fortificazioni medievali più estese e meglio conservate al mondo.

Dal 1981 è stata ammessa dall’UNESCO alla lista dei siti Patrimonio dell’Umanità

 E’  composta da circa nove mila viuzze e perdersi dopo due minuti è una cosa  semplicissima. Inevitabile.

E’ importante avere le Google Maps o una guida locale. Nel nostro caso, è stata  la guida a farci attraversare in venti minuti questo coagulo di vita e attività attraverso vicoli, sottoscale e gallerie.

Eravamo completamente disorientati.

Ad ogni modo, arrivati alla Cooperativa ho acquistato l’olio di argan che avrà anzi ha molte qualità benefiche per pelle e capelli fra le quali non rientra certamente il suo odore. Penetrante e persistente.

Gli odori nella Medina sono molti e differenti:

Di Spezie, di frutta secca, di articoli in pelle, di tappeti, di animali.

Non è raro vedere muli che attraversano questi vicoli con i loro proprietari,

 Qui i sensi sono tutti sollecitati, non solo l’olfatto: colori, visi,  scorci di grande bellezza, un vociare continuo a tratti assordante, un movimento costante di persone che camminano sicure, rapide  in quel dedalo di vicoli  che evidentemente conoscono bene. Gatti ovunque.

Abbiamo anche rischiato di perderci, nella Medina. Erano le undici di sera e siamo rientrati  al Ryad con una certa fatica, chiedendo informazioni alle poche persone incontrate.

Ma questa sarebbe tutta un’altra storia da raccontare.

Rimane un certa nostalgia di quei luoghi, di quei visi, di quella luce.

Il Marocco non è certamente l’Africa profonda di cui hanno narrato i più grandi scrittori.

Mi chiedo tuttavia  se si possa parlare, anche in questo caso,  di mal d’Africa.

Perché io l’ho avuto.

“Una sola cosa allora volevo: tornare in Africa. Non l’avevo ancora lasciata, ma ogni volta che mi svegliavo, di notte, tendevo l’orecchio, pervaso di nostalgia”
(Ernest Hemingway)